Galleria d'Arte Contemporanea IL TETTO

Questa è la storia di una galleria d'arte in via Margutta che in trent'anni ha fatto cultura autonoma al di fuori delle mode e che con scelte di controcorrente e di "retroguardia" ha creato a sua volta "una moda" ripresa e seguita nel tempo da operatori, artisti e pubblico: il suo primo nome fu NF1, che stava per Nuova Figurazione n°1, poiché progettavamo di aprire altri spazi culturali. Così fu.
Franz Borghese ed io, giovani artisti, pieni di speranze ma anche di contenuti, ci rendemmo subito conto che entrare nella scuderia o nel  cartellone di gallerie già esistenti non era possibile sia perché non avevamo potere contrattuale, sia perché i costi per accedere alle vetrine erano onerosi in maniera
"poliarticolata". Bravini, pieni di idee e di ingegnaccio ma senza storia nel mercato dell'arte. Era il 1967. Fu gioco-forza: dovevamo avere uno spazio autogestito. Roma alla vigilia del '68: dove poteva nascere una galleria  se non nel triangolo dell'arte? Cioè nel tricorno che da Piazza del Popolo in direzione Piazza di Spagna si ripartisce nei tre rami di via Ripetta, via del Corso, via del Babuino, e dove l'indirizzo più qualificato era proprio "via Margutta": strada piena di storia e di artisti veri, conosciuta in tutto il mondo come la via dell'arte, celebrata anche dalla nota canzone di Renato Rascel.
Era necessario partire proprio da lì. Cercammo quindi un locale in via Margutta: erano già "oro". Avemmo due fortune: la prima di incontrare il grande antiquario Augusto Jandolo  disponibile a "passarci" il locale interno del cortile 53/B a patto di assorbire il suo collaboratore "Gigetto" De Carolis, la seconda fu di conoscere quest'ultimo che  si rivelò per anni, come annunciato, onesto ed affezionato amico (grazie Gigi).In seguito, avemmo dal Comune di Roma il permesso di aprire un accesso  diretto sulla strada (seguito da una catena di varchi "notturni" dei negozi limitrofi): ricordo che quell'anno di nascosto dai miei genitori vendetti i libri dell'Università ed impegnai i miei gioielli per far fronte alle spese. Un'altra fortuna fu l'amministratore del locale, Vittorio Alessandroni, anche amministratore della Titanus cinematografica, persona dolce, sensibile all'arte e soprattutto "paziente" attendeva oltre le scadenze i pagamenti dell'affitto. Qualche tempo dopo scoprimmo che la galleria, protetta dal vincolo delle Belle Arti quale bene d'interesse nazionale, era stata, nei primi anni '50, la sede del "Circolo degli Artisti" cui faceva capo la "Scuola Romana": questa fu la nostra prima vetrina che offrimmo anche agli artisti amici; ne seguirono altre. La Galleria Il Calibro sempre in Via Margutta, la Galleria Il Rombo a Catanzaro, etc.. Negli anni '74/'78, anni per me difficili in tutti i sensi, il caro amico Tony Bonavita, pittore e critico de' "Il Tempo" di Roma, mi affiancò con affetto nella conduzione della galleria: fu lui che mi incoraggiò a ribattezzarla. Mi disse: "Dato che è l'unico edificio di via Margutta a forma di casa perché non la chiamiamo "Il Tetto"?  Il tetto è la parte più alta di una costruzione ed  è simbolicamente anche una sommità, un punto d'arrivo.." Lui stesso volle disegnare il "logo" che ancora oggi utilizziamo. Così andava la nostra vita culturale tra un esperimento pittorico e l'altro, tra una bolletta e l'altra, tra gli amici artisti noti ed esordienti (Farioli, Correnti, Calabria, Gensini, Masci, Benaglia, Di Fabrizio, Cimara, Fasan, La Barbera, Lazzaro, Muccini, Peikov, Vangelli, etc.) e tra gli scrittori, i poeti ed i critici che ci circondavano (Guzzi, Giovannini, Marini, Bellezza, D'Ercole, Venturoli, Fusco,  Grisi,  Gatto, Zavattini, Torrente, Moretti, Rivosecchi, Camillucci, Scorza, Selvaggi, Simongini, etc. mi sia perdonata la cattiva memoria).  Con questi primi navigatori siamo partiti dalle spiagge della nostra "bohème" per giungere con la nave dell'Arte alle soglie del terzo millennio !!! Molta acqua "colorata" è passata sotto i ponti, non solo del Tevere, e molti artisti sono stati da noi scoperti e avviati nel mondo dell'arte: molti collaborano ancora con noi, qualcuno si è perso per strada, ma nel complesso quasi tutti hanno avuto successo. In tre decenni la galleria, anche grazie all'appassionata consulenza di Roberto Nardacci, ha individuato e portato avanti un discorso artistico d'indirizzo ironico-fantastico: fantasie di segni, esplosioni di gioia  colorata, ironia nei contenuti, rivisitazioni delle problematiche sociali, divagazioni fantastiche e giochi d'arte conditi di surrealtà ma rigorosamente in ambito figurativo. Attraverso il sorriso diviene più agevole riflettere e far riflettere sui grandi temi che scaturiscono dalle sollecitazioni della satira: su questa strada intendiamo proseguire. Una strada che è stata aspra ma contestualmente percorribile, dato che siamo ancora qui.
                            Daniela Romano