Lanfranco MALAGUTI - "Parole, parole..." - Splasc(h) records CDH 706.2
Guido MANUSARDI "Doina" - Soul Note 121381 259 - 59'35"
Master Musicians of Jajouka featuring Bachi ATTAR - Point Music - CD 536-2
Harry MILLER 1941-1983 - "The Collection" (Ogun)
Thelonious MONK Big Band - "Goofy's dance" - Caligola 2032-2
M.T.B.- " Conseadults " - Criss Cross Jazz 1177
The Nguyen Le Trio- "Bakida" - ACT 9275-2
John PATITUCCI - "Imprint" - Concord Jazz CCD-4881-2
Dulce PONTES - "O primeiro canto" - Polydor 543 135-2
Bobby Previte - "Verge" - Depth of field
Stefano SABATINI - "Dreams" - yvp music 3078
Lello SCASSA - "The art of the ballad" - New Sound NSCD
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Lanfranco MALAGUTI - "Parole, parole…" - Splasc(h) records CDH 706.2 I musicisti italiani di formazione jazzistica non si sono misurati e non si misurano spesso con il songbook “leggero” nostrano. Tra i pochi che hanno invece frequentato questa strada con impegno e convinzione c’è il chitarrista Lanfranco Malaguti (romano, ma da tempo trapiantato dalle parti di Treviso), che dopo aver dedicato un intero cd ai Beatles nel ’90, se ne uscì l’anno successivo con un lavoro significativamente intitolato “Azzurro”, con temi di Modugno, Morricone, Trovajoli, Conte, Tenco, Endrigo e Paoli proposti in trio e in solo. Il cd in esame si colloca cronologicamente subito dopo, essendo stato registrato nel ’92, e allarga quello stesso trio (con Enzo Pietropaoli al contrabbasso e Roberto Gatto alla batteria) con l’inserimento di Stefano D’Anna al sax tenore. Il risultato è eccellente, con una serie di interpretazioni sensibili e raffinate, che partono dai mood originari per ridisegnarne i contorni con chiosature sempre valide e spesso emozionanti. Da Mina a Pino Daniele, da Gino Paoli a Fabio Concato, da Luigi Tenco a Zucchero: una dozzina di “finestre” illuminano scenari scelti tra il meglio della canzone italiana tra i ’60 e gli ’80…
Guido MANUSARDI "Doina" - Soul Note 121381 259 - 59'35" Ecco un album che lumeggia al meglio le varie sfaccettature di una personalità composita come quella di Guido Manusardi. Da un lato c'è l'appassionato conoscitore delle musiche balcaniche , che tali musiche ripropone alla sua maniera, con arrangiamenti che pur conservandone gli antichi sapori le riattualizzano sì renderle appetibili anche ai palati più moderni. Di qui la particolare scrittura che riesce a mettere in evidenza la front-line con una brillantezza di colori che richiama perfettamente i modelli originari. Dall' altro lato c'è il pianista innamorato del suo strumento che non perde occasione per dimostrare questo suo amore : di qui due straordinarie esecuzioni di piano-solo "A stery" e "Joy's day". Infine c'è il Manusardi scopritore di talenti che, ben conscio delle sue capacità, non disdegna di chiamare musicisti ancor giovani : è quel che è accaduto per questo "Doina" in quanto il pianista di Chiavenna si esibisce con il trombettista Fabrizio Bosso, il trombonista Roberto Rossi (l'unico superstite del sestetto che aveva dato vita al precedente album di Manusardi incentrato sulle musiche balcaniche "The village fair"), il sassofonista Giulio Visibelli, il clarinettista Guido Bombardieri, il contrabbassista Lucio Terzano e il batterista Mauro Beggio. Quasi inutile sottolineare come tutti rispondano al meglio contribuendo in maniera determinante alla bella riuscita dellíalbum. Si ascolti, al riguardo, soprattutto il brano che apre il CD, "Portrait" che contiene tutti gli elementi caratterizzanti l'album: fluidità di scrittura , originalità degli impasti timbrici, brillantezza degli assolo. G.G.
Master Musicians of Jajouka featuring Bachi ATTAR - Produced by Talvin SINGH - Point Music - CD 536-2 - 66’53” Oggi si parla tanto di musica meticciata e forse non ci si rende conto di quanto questo termine sia effettivamente antico nel mondo musicale. Prendiamo questo CD. Ne sono interpreti un fantastico gruppo di musicisti marocchini che incarnano una tradizione musicale antica di ben 4.000 anni. I “Master Musicians of Jajouka” sono, infatti, depositari di quelle tradizioni che si trovano ancora oggi nelle aree montuose del Marocco Non per questo , però, rifiutano contaminazioni con altri generi. Così, dopo la collaborazione con il chitarrista dei Rolling Stones ,Brian Jones, degli anni ’60, eccoli oggi a fianco di Talvin Singh considerato uno dei più creativi DJ e produttori della scena internazionale, nonché splendido interprete della musica indiana rivisitata attraverso la sua esperienza di musicista “moderno”. Il connubio risulta quanto mai felice in quanto le due millenarie esperienze che in qualche modo sottendono le esperienze sia dei Master Musicians sia di Singh danno vita ad un qualcosa di nuovo, originale che pur non dimenticando i suoni del deserto nordafricano, ci riporta prepotentemente ai ritmi e ai suoni di oggi. Insomma un esempio straordinario di come l’arte non conosca confine di come, in ultima istanza, si riesca a far convivere elementi provenienti da tradizioni tanto lontane se si opera con la necessaria sincerità di ispirazione , con esperienza e con quel bagaglio di sensibilità e di capacità introspettiva che trasformano un pur bravo musicista in un artista.
Harry MILLER 1941-1983 - "The Collection" (Ogun). Tre Cd. Il contrabbassista sudafricano Harry Miller, esule volontario in Inghilterra negli anni Sessanta prima dell'arrivo dei Blue Notes, è stato un musicista importante nella scena europea. La sua matrice africana, l'ingresso e la permanenza nella fiorente scena musicale londinese ed inglese, il trasferimento e la permanenza ad Amsterdam prima della morte improvvisa (causata da un incidente automobilistico) ne fanno un protagonista, un jazzista che come sideman e leader ha profuso energia e creatività in innumerevoli contesti. Di tanta ricchezza musicale e progettualità, di tanta fantasia nonché carica umana ed artistica sono testimonianzxa palpitante i cinque album che vengono riprodotti in questo cofanetto; l'etichetta (Ogun è il nome di un dio africano) fu fondata dal contrabbassista insieme alla moglie Hazel che dal 1981 la manda avanti da sola, documentando una musica che - allora come oggi - le grandi etichette ignorano. Nel primo Cd sono ripodotti Children At Play album in solo (con qualche sovraincisione) realizzato nel 1974 e Family Affair del sestetto Isipingo diretto da Miller (1977); facevano parte dell'organico Mark Charig (tromba), Malcolm Griffiths (trombone), Mike Osborne (sax alto), Keith Tippett (piano) e Louis Moholo (batrteria), un organico anglo-sudafricano di altissimo livello. Il secondo Cd dà spazio allo sperimentale duo tra Miller ed il trombonista austriaco Radu Malfatti (Bracknell Breakdown) e ad un sestetto che, oltre a Tippett e Moholo, prevedeva il polistrumentista olandese Willem Breucker, il sassofonista e la cantante inglesi Trevor Watts e Julie Tippets (In Conference); entrambi gli album sono del 1978. Una testimonianza della stagione olandese, ed una delle ultime registrazioni di Miller, è nel terzo Cd dove è riproposto il long playing down south (stampato in origine dalla Vara Jazz e non dalla Ogun, come tutti gli altri). Nel quintetto Marc Charig, Walter Wierboos, Sean Bergin ed Han Bennink. Il cofanetto è reso ancor più prezioso come documento storico-sonoro da un libretto ricchissimo di foto inedite e con testi redatti in ricordo di Harry Miller da musicisti, amici, critici: Mike Westbrook, Richard Williams, Paul Rutherford, Trevor Watts, Bob Downes, Ronald Atkins, Riccardo Bergerone, Sean Bergin, Marc Charig, Louis Moholo, Keith Tippett, Evan Parker, Willem Breuker, Arjen Gorter, Dieter Hahne, John Fordham, Rob Sotemann e dalla moglie Hazel Miller. L'iniziativa discografica celebra, tra l'altro, i venticinque anni di attività della Ogun records.
Thelonious MONK Big Band - "Goofy's dance" - Caligola 2032-2 In un periodo certo non facile per le grosse formazioni, è sempre con piacere che si accoglie la fatica discografica di una big band. In questo caso il piacere è doppio, se ci si consente l'espressione, in quanto si tratta del primo CD della "Thelonious Monk Big Band" , formazione nata a Venezia nel '97 all'interno del Laboratorio di Armonia e Arrangiamento dell'omonima scuola di musica per volontà di Maurizio Caldura , il sassofonista prematuramente scomparso e di Marcello Tonolo. Diretta da quest'ultimo, la band dedica all'amico Caldura questo "Goofy's dance" dagli esiti sicuramente positivi. Alla ricerca, ancora, di una sua più precisa cifra stilistica, l'orchestra dimostra comunque di sapersi già muovere con buona coerenza all'interno di un repertorio variegato composto da molti brani originali, scritti soprattutto da Marcello Tonolo, alcuni standards e tre composizioni di Maurizio Caldura tra cui segnaliamo quella che da il titolo all'album, un brano di sapore latino-americano con una linea melodica cantabile e coinvolgente senza per questo essere banale. Tra le molte individualità che compongono l'orchestra, oltre agli ospiti d'onore (i sassofonisti Paul Jeffrey, e Pietro Tonolo, il trombettista Marco Tamburini e la vocalist Luisa Longo) da segnalare le brillanti performaces di Mauro Bordignon al sax baritono , Federico Nalesso al trombone e Guido Torelli al contrabbasso.
M.T.B.- " Conseadults " - Criss Cross Jazz 1177 All’epoca in cui furono realizzate queste incisioni, alla fine del ‘94, nessuno dei musicisti del quintetto era particolarmente noto. Il chitarrista Peter Bernstein, allora ventisettenne, aveva già firmato tre album come leader su Criss Cross (due dei quali con Mehldau al piano); il batterista Leon Parker (29 anni) aveva dato buona prova di sé accanto a Dewey Redman e Jacky Terrasson; il contrabbassista Larry Grenadier (28) aveva esordito ad alto livello cinque anni prima, suonando il basso elettrico nei Vital Information di Steve Smith; il tenorista Mark Turner (29) aveva inciso da pochi giorni il suo primo titolo da leader (“Yam Yam”, con Mehldau e Grenadier, sempre per la Criss Cross). Il ventiquattrenne pianista Brian Mehldau, poi, oltre alle collaborazioni proprio con Bernstein e Turner, non poteva vantare granché d’altro nel curriculum. Ma, alla luce di quel che alcuni di loro hanno combinato in seguito, il quintetto M.T.B. (Mehldau-Turner-Bernstein) poteva essere tranquillamente incluso in qualche puntata di “Saranno Famosi”. E il cd in esame mette abbastanza bene in luce le qualità dei migliori, ovvero la particolare musicalità di Parker, la tecnica virtuosistica e la fantasia debordante di Mehldau, la forza propulsiva di Grenadier. Turner e Bernstein rimangono un gradino sotto, ma ciò non inficia assolutamente il fluido dipanarsi di un gradevolissimo modern mainstrem…
The Nguyen Le Trio- "Bakida" - ACT 9275-2 Dopo le eccellenti prove parzialmente “monodirette” di Maghreb & Friends e Moon And Wind, rispettivamente dedicate ad elaborare le suggestioni nordafricane e quelle in un certo senso originarie, accanto alla cantante vietnamita Huong Thanh (il chitarrista è nato a Parigi, ma da genitori vietnamiti), Nguyen Le torna a proporsi come incursore a tutto campo. Ed ecco allora che al trio di base, completato da due musicisti straordinari, il contrabbassista franco-spagnolo Renaud Garcia-Fons e il percussionista spagnolo Tino Di Geraldo, si affiancano di volta in volta l’algerino Karim Ziad (gumbri, karkabous, bendir, tarija e voce), il norvegese Jon Balke (pianoforte), lo statunitense Chris Potter (sax tenore), lo spagnolo Carles Benavent (basso elettrico), il vietnamita Hao Nhien Pham (flauti meo e sao, voce), il turco Kudsi Erguner (flauto ney), il francese Illya Amar (marimba e gong) e il “nostro” Paolo Fresu (tromba e flicorno). Al giorno d’oggi, ormai, la miscela di rock, jazz, etnicherie varie e reminiscenze classiche potrebbe essere anche considerata banale. Ma quel che conta, come al solito, è il “manico”, e qui ne abbiamo uno di primissimo ordine…
John PATITUCCI - "Imprint" - Concord Jazz CCD-4881-2 Noto come componente della Elektric Band di Chick Corea, John Patitucci in seguito non si è più legato a formazioni stabili, intessendo però un’impressionante ragnatela di collaborazioni (Bob Berg, Gary Burton, Mike Stern, Tom Scott, Dave Grusin). Come leader discografico, dopo l’esordio del 1987 sotto l’ala protettrice di Corea, è stato tutto sommato discontinuo. A proposito del lavoro in esame sembra si possa parlare d’un prevalente segno positivo. Il repertorio è sostanzialmente diviso in due aree d’interesse. Sul versante più squisitamente jazzistico il bassista punta sul dinamico rapporto con la batteria di Jack DeJohnette, la bella vena dei sassofonisti Chris Potter e Mark Turner, il panismo gradevolmente hancockiano di John Beasley. La frequentazione dell’universo latino, da sempre importante per Patitucci, si materializza in tre brani ad alto contenuto percussionistico, che vedono tra i protagonisti Horacio “El Negro” Hernandez e Giovanni Hidalgo, mentre il pianoforte è in due casi affidato allo specialista Danilo Perez. Ci sono poi tre episodi in duo, ove le atmosfere assumono variate coloriture esotiche: doppia kalimba in “Maroon Bells”, piano/contrabbasso in “Japanese Folk Song” e intreccio con le percussioni di Hidalgo nel finale, dedicato ad una interpretazione “minimale” della classica “Afro Blue” di Mongo Santamaria.
Dulce PONTES - "O primeiro canto" - Polydor 543 135-2 E' definita l'erede di Amalia Rodrigues, la regina del fado da poco scomparsa. E si tratta di un'eredità sicuramente difficile da reggere , specie nei concerti. Ma su disco il discorso cambia ed allora Dulce Pontes dimostra tutta la sua classe. Quest'ultimo cd , "O primeiro canto" vuole essere un ritorno agli elementi principali dell'esistenza quali acqua,terra fuoco e aria, . Quindi una sorta di viaggio alla riscoperta delle proprie radici. Di qui il ricorso ad una serie di suggestioni che non si riferiscono al solo fado. Al riguardo la scelta dei musicisti è sicuramente emblematica: dall'etno-jazz arrivano i sax di Wayne Shorter e le tablas di Trilok Gurtu, dalla musica più legata alle locali tradizioni la chitarra dell'angolano Valdemar Bastos e la trikitixa del basco Kepa Junkera. E così , dal punto di vista tematico , alla rilettura di ballate popolari chiaramente derivanti dal fado , si affiancano brani tradizionali dell'Alentejo la regione più povera del Portogallo, pezzi del folklore luso-brasiliano ...fino al canto di una donna angolana che esprime tutto il suo dolore per il proprio Paese devastato dalla guerra . Dulce interpreta questo repertorio con grande maestria vocale ma soprattutto con una sincerità di ispirazione evidente anche nei passaggi più difficili alla costante ricerca di una genuinità che nulla concede allo spettacolo.
Bobby Previte - "Verge" - Depth of field La confezione è ultraspartana, e il contenuto non è nuovo, ma l’interesse è notevole. Perché il cd (copertina di cartone, note in un semplice foglietto di carta, che dice poco o nulla) contiene materiale già edito, ma di reperibilità difficile se non impossibile. A quest’ultima categoria appartengono senz’altro i due brani (risalenti addirittura a circa vent’anni fa) incisi al Buffalo College of Musical Knowledge e precedentemente pubblicati in un LP della Zoar Records, ove Previte figura a capo di un quartetto con Peter Piccirilli al contrabbasso, Dave Schiavone e David Alderson ai fiati. “Blues For Donna” e “Mingus” testimoniano di una vena compositiva che già tentava di evitare i luoghi comuni (del resto Previte non era un giovincello: aveva 29 anni). Gli altri sei brani provengono da una seduta del 1985, con Lenny Pickett al sax tenore e clarino basso, Tom Varner al corno francese, Dave Hofstra al contrabbasso e Richard Shulman al pianoforte. Il gruppo diede alle stampe l’ottimo LP “Bump The Renaissance” (per l’etichetta tedesca Sound Aspects). Come che sia, ci si sollazza alquanto, e si storce la bocca solo per la durata limitata (40 minuti appena)…
Stefano SABATINI - "Dreams" - yvp music 3078 Non è certo una novità che il jazz italiano possa oramai vantare un gran numero di talenti impostisi a livello internazionale. Eppure fa sempre piacere poter segnalare un musicista che si è particolarmente distinto per qualche sua nuova “impresa”. E’ questo il caso di Stefano Sabatini di cui è recentemente uscito il CD “Dreams” . Si tratta di un album notevole in quanto evidenzia, come meglio non si potrebbe, le caratteristiche di Sabatini: strumentista brillante e dinamico, in possesso di un tocco particolarmente incisivo, a suo agio sia nelle ballads sia nei tempi più veloci; compositore dotato di un eccellente gusto per le linee melodiche (ha firmato ben sei delle nove composizioni contenute nel CD tra cui lo splendido “Dreams” che dà il titolo all’intero album); leader di un trio in cui funziona tutto a riprova che questa formula rimane insuperata se interpretata nella corretta maniera. In effetti buona parte della riuscita dell’album va anche agli altri musicisti che assecondano al meglio le intuizioni del pianista: gli eccellenti sassofonisti Stefano Di Battista (autore tra l’altro di un pregevole “Déjà vu” ) e Daniele Scannapieco, il contrabbassista Dario Rosciglione e il batterista André “Dédé” Ceccarelli. Insomma una prova di grande maturità da parte di Sabatini che raccoglie i frutti di una carriera dedicata alla musica e che lo ha portato , a partire da metà degli anni ’70, ad esperienze tanto diversificate quanto significative: all’inizio il gruppo “Kaleidon” e la militanza a fianco di Tony Scott, Massimo Urbani e Maurizio Giammarco, poi, nel ’78, il gran salto a Los Angeles , il diploma di composizione e arrangiamento presso la “Dick Grove School of Music”, i primi album a suo nome e quindi, tornato in Italia, la definitiva affermazione, dapprima con i “Lingomania” e quindi alla testa di proprie formazioni. Come leader , prima di questo “Dreams” Sabatini ha inciso altri quattro album ma , a nostro avviso, mai aveva raggiunto la compiutezza di espressione e la padronanza dei propri mezzi espressivi che denota in questo CD, davvero da ascoltare con attenzione e, perché no, con ammirazione.
Lello SCASSA - "The art of the ballad" - New Sound NSCD Lello Scassa, sassofonista pesarese, è una vecchia conoscenza nel mondo del JAZZ italiano essendo attivo oramai da molti anni. Tuttavia riteniamo che questa sia la sua fatica discografica più matura e compiuta. Scassa non ha avuto paura di misurarsi con alcuni mostri sacri del sassofonismo jazz quali Stan Getz, Dexter Gordon, Sonny Rollins e Ben Webster ai quali è espressamente dedicato il CD. Di qui la riproposizione di sette splendidi standard quali, tanto per fare qualche esempio, "Sophisticated lady" "I can't get started", "Everything happens to me"...in una galleria di temi scritti tra gli anni '30 e '40 fatti apposta per evidenziare - qualora ovviamente ci siano -le doti di un sassofonista. E Scassa queste doti ha finalmente dimostrate di averle appieno ; il suo linguaggio, sicuramente lontano dagli stilemi oggi operanti, si basa su elementi solo apparentemente semplici : un fraseggio fluido e coerente, un sound pieno e rotondo , una bella facilità di costruire l'assolo. E queste caratteristiche si evidenziano durante tutto l'arco dell'album anche se a nostro avviso particolarmente riuscite appaiono le interpretazioni di "But beautiful" e "The nearness of you". B.L.
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